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[#08] Dischi di agosto (con lo ⓪)

Solo dischi caldi ad agosto, come è giusto che sia. Buon ascolto!

► 1970
 
T2 hard rock review castello matteo
T2 - It'll All Work Out in Boomland (Decca)

Disco possente e bombastico, l'esordio dei londinesi T2 rimane uno dei più fragorosi manifesti heavy di sempre. Dopo essersi fatti le ossa (e un discreto nome) sui palchi inglesi, l'esordio del power trio confermò ogni attesa, sebbene di pochi, pochissimi attenti fan. Psichedelia fragorosa, hard rock sguaiato, blues magmatico, in perfetto equilibrio tra sinuose distese di groove e melodia e infuocate jam imbizzarrite. Impossibile resistere ai saliscendi della prima "Circles", inarrestabile boogie impastato e fumoso, pesantissimo e cangiante, capace di far interagire in intrecci mirabolanti - tra dilatazioni psych, scale prog e virtuosismo jazz - la chitarra di Keith Cross, il basso di Bernard Jinks e la batteria di Peter Dunton. Momenti di grande fascino come "J.L.T.", ballatona al profumo di Mellotron, e come la magnetica "No More White Horses", con la chitarra mozzafiato di Cross a fare da apripista a una ballata gonfia e solenne (che sa di Procol Harum, di Cream e di King Crimson), non sono che il preludio per la traccia monstre che domina la seconda facciata dell'album. "Morning", ventun minuti di durata, è un ammassarsi lento di umori, un avvicendarsi di incastri melodici e stacchi ritmici, un'epica suite rock degna dei più grandi interpreti dell'epoca. Un lavoro da disseppellire dal dimenticatoio.

 ► 1980
 
associates post punk review matteo castello
The Associates - The Affectionate Punch (Fiction)

Che lavoro inquieto, denso e madido di sensualità questo esordio. Espressione dei tempi, incredibile grumo di espressività e sintesi pop. Ci sono i Roxy Music e Bowie, ma anche quella soluzione sonora tagliente e asciutta, e al contempo impastata e schizofrenica, tipica della nuova generazione post-punk, dai Talking Heads ai Gang of Four, il tutto fuso in un abbraccio decadente e sensuale. Basso accigliato e ossessivo su vocalizzi ricolmi di pathos (Billy MacKenzie), squarciato da fitti riverberi ariosi e da un solo acidissimo e straniante di chitarra ("Amused as Always"), sospensioni di annientante e notturno romanticismo ("Logan Time"), reticolati nervosi di elettricità ansiogena (merito di un ispiratissimo Alan Rankine) su basi plasticamente synthpop ("Paper House"), trame serrate di grezza aggressività ("A Matter of Gender"), frenetici sussulti di new wave sudaticcia e glam, immersi nelle distorsioni del flanger ("Would I... Bounce Back"). Tutto questo fa parte di un insieme solidissimo e attraente, tra i migliori auguri di inizio anni Ottanta.

 ► 1990 
 
soda stereo 1990 review matteo castello
Soda Stereo - Canción animal (Columbia)

Il britpop è nato in Argentina nel 1990. Ovviamente l'affermazione non ha senso, ma ho sempre sentito in Canción animal l'anticipazione del rinnovamento pop-rock degli anni Novanta. Qui abbiamo un sound contaminato e muscolare, una scrittura pop svincolata dal manierismo new wave e orientata a una rilettura ibrida, modernista e allo stesso tempo ancorata alla ricerca di un'espressione più diretta e spontanea. Tra i pezzi forti che meriterebbero di entrare nel canzoniere obbligatorio di ogni appassionato, sicuramente si possono elencare "Un millón de años luz", con quello splendido ghirigoro di chitarra elettrica che fa da contraltare ai ricami leggeri e alle pennate energiche delle strofe, "Sueles dejarme solos", ruvida e solenne, così affine al mood grunge che stava per esplodere; "De musica ligera", l'ideale inno rock anni Novanta; "Cae el sol", gonfia e profumata, capace di anticipare i tardi Verve. Insomma, al di là dei riferimenti postumi, questo è un disco di altissima caratura e di ampio respiro, capace di reinventare i Soda Stereo aprendo loro la strada per gli anni Novanta, che li vedrà primeggiare su tutti i fronti, dal pop da camera all'elettronica, dal rock alternativo allo shoegaze. Insomma, roba da non perdere.

 ► 2000 
 
spring heel jack disappeared review matteo castello
Spring Heel Jack - Disappeared (Rough Trade)

Senso della composizione e avvenirismo sonoro: questi i due ingredienti che rendono tanto interessante Disappeared, vero e proprio centro di collisione di nu jazz, drum and bass e elettronica sperimentale. Ritmo martellante e suadenti striature di tromba la fanno da padrona nella prima "Rachel Point", sonnecchiosa e polverosa, assorta ma subito ridesta in un continuo saliscendi umorale. "Mit Wut" procede tra rintocchi di piano e un andamento bombastico, per lanciarsi infine in una rincorsa jungle tra i riff roventi di basso sintetico, contrastando nettamente con la successiva "Disappeared 1", dalle movenze ambient disturbate da inserti avant-jazz, in una certosina costruzione degli spazi. Il lavoro procede senza un attimo di tregua, regalando pezzi notevoli come "Galina", turbinio techno di sibili industriali, campionamenti trattati, patterns geometrici e incalzanti, "Trouble and Luck", vicini alle ibridazioni radioheadiane, "To Die a Little" e le sue rarefatte atmosfere ambient dub, "Wolfing" e le sue spire adrenaliniche. Un disco che consiglierei tanto agli appassionati quanto ai neofiti della musica elettronica.

  ► 2010  

everythin everything man alive review matteo castello
Everything Everything - Man Alive (Geffen)

Uno dei lavori più stimolanti degli ultimi dieci anni, l'esordio degli Everything Everything è un vero e proprio tour de force di plasticità arty, di articolazioni tropical-pop, di strutture progressive in bilico tra elettronica e composizioni matematiche, complesse ma mai complicate. La vera sfida (vinta) è proprio questa: dar vita a un lavoro godibilissimo, fresco, sganciato, per quanto intricato e curatissimo in ogni aspetto. Sarebbe pedante elencare le tante arditezze (di arrangiamento, di composizione, di resa sonora, di armonizzazioni vocali) che impreziosiscono brani come "MY KZ UR BF", "Schoolin' ", "Leave the Engine Room", "Tin (The Manhole)", "Weights". Basti indicare i riferimenti, capaci di spaziare tra R&B avveniristico e nuovo math rock (Friendly Fires e Foals), indietronica danzereccia (penso ai Cut Copy), post-rock di caratura (Long Fin Killie), indie pop corale di incredibile leggerezza ("Photoshop Handsome" è un upgrade dei Vampire Weekend che ci meriteremmo), il tutto tra le eccezionali doti canore di Jonathan Higgs e l'inventiva chitarristica del perfezionista Alex Robertshaw, vero valore aggiunto dell'album (basti ascoltare le continue variazioni di "Suffragette Suffragette"). Se non lo conoscete non fatevelo scappare, se lo conoscete amatelo se possibile ancora più di prima.
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