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[#05] Dischi di maggio (con lo ⓪)

Passata la tempesta ora bisogna raccogliere i cocci. Meglio farlo, come al solito, con la musica nelle orecchie.

► 1970

bruce haack electronic music 1970
Bruce Haack - The Electric Lucifer (Columbia)

Curioso che musica elettronica e pop convergano, nel corso degli anni Sessanta, nella musica per bambini, quasi si trattasse di un gioco. Come Raymond Scott nei suoi tre Soothing Sounds for Baby, così anche Bruce Haack approdò all'esordio "adulto" solo dopo diversi album di musica per poppanti. Certo, di mezzo ci sono le visioni futuristiche dello Space Age Pop, ma il connotato ludico, senza un proprio posizionamento autonomo, dell'elettronica nei rockeggianti Sixties era duro a morire. Il punto è: che ruolo dare all'elettronica nel pop? Domanda scontata negli anni Ottanta, non un decennio prima. Tra i pionieri  che provarono a contestualizzare in formato agevole le sonorità spesso frutto di vere e proprie capacità ingegneristiche, ci sono i soliti Silver Apples, gli United States of America, i Fifty Foot Hose, cui ora va aggiunto il meno noto Bruce Haack. The Electric Lucifer è un intrico pazzoide di armonie stranianti, suoni allucinati, vocalizzi alterati, tra Moog e strumenti fabbricati in proprio. Fin dalla prima "Electric to me Turn" ci troviamo immersi in un mondo del tutto inconsueto, dove non si sa mai dove inizia e dove finisce la presa per il culo (in un'operazione che sa molto di Mothers of Invention). Eppure la pregnanza delle idee sparse lungo la scaletta è indubbia: "Cherubic Hymn" è pop californiano alla Association intriso d'acido, "Program Me" suona come una versione dei Doors riprogrammati al synth, "Incantation" è un boogie limaccioso e stordente, "Super Nova" è una splendida suite psichedelica di riverberi elettronici e droni di sitar. Un album seminale, per quanto esoterico, capace di fare da bizzarro apripista alla stagione ventura della musica elettronica.


► 1980

peter gabriel melt 1980
Peter Gabriel - Peter Gabriel (Charisma)

Mondi che si incontrano e si scoprono vicini. In fondo il prog, al di là delle semplificazioni e compartimentazioni imposte dalla narrativa punk, non aveva un altro codice genetico rispetto alle nuove posture assunte dal pop di fine anni Settanta. Anzi: la sua natura arty, aperta, ibrida, ne faceva un ottimo candidato per accettare nuove mutazioni, nuove direzioni, nuove sfide. Così molti della vecchia guardia seppero sfruttare la nuova onda per riflettere criticamente e creativamente sulle proprie opportunità di rinnovamento: penso agli Yes, ai King Crimson, ai Rush, agli italiani Stormy Six. Peter Gabriel non è certo da meno, e anzi tra il 1977 e il 1982 da' alle stampe la serie di lavori che aggiornano il suo estro art-rock e ne celebrano la carriera solista. Il terzo Peter Gabriel (noto anche come Melt) è quello che fa la differenza: Gabriel trova qui la sua forma smagliante, lasciandosi alle spalle la pesante eredità Genesis e lanciandosi in un futuro visionario. "Intruder" si annuncia tra scricchiolii e drumming ossessivo, inaugurando un mood costante: torbido, fitto di intrusioni sonore, asciutto (la strumentazione è ridotta quasi all'osso), ma allo stesso tempo armonicamente ricchissima (grazie anche al trio Steve Lillywhite/Hugh Padgham/Larry Fast). Un album intensissimo che infila l'uno dopo l'altro brani magnetici come "No Self Control", colma di campionamenti elettronici e risonanze aleggianti, "I Don't Remember", synthpop assertivo e squadrato, "Games Without Frontiers", pop futuristico e  mutante, "Biko", art-pop etnico e politicamente carico. Un lavoro indimenticabile.



► 1990

heroes del silencio 1990 spain
Héroes del Silencio - Senderos de traición (Odeon)

Non fatevi scappare questa band di Saragozza: lungo la scaletta di Senderos de traición troverete i più bei ricami di chitarra di tutti gli anni Novanta (vi bastino le splendide "Maldito duende" e "Malas intenciones" per apprezzare il talento di Juan Valdivia), per un disco che mescola elegante jangle pop, muscolare post-punk venato di hard rock, il tutto tra melodie irresistibili e un songwriting mai sottotono. Il vocione ieratico e gotico di Enrique Bunbury fa da contrafforte per questo mix di spinte opposte, tra lo svolgersi delicato e cristallino di una "Despertar" e la carica heavy di "Decadencia", tra il piglio scattante di "La carta" e l'enfasi gonfia di "Oración". Quello che lascia sbigottiti è l'inesauribile inventiva con cui la band da' vita a melodie raffinatissime, capaci di spezzare anche i momenti più infuocati (penso a "Entre dos tierras") e far breccia su un pubblico composito (penso a quello del Festivalbar, che nel 1992 ospitò la band). Disco di platino in Spagna e capace di riscuotere grande successo internazionale, Senderos de traición è un classico assolutamente da recuperare.



► 2000

black box recorder brit rock 2000
Black Box Recorder - The Facts of Life (Nude)

Se fossi un musicista vorrei saper creare un pezzo come "The English Motorway System", che tra le altre cose (il pulsare dei sintetizzatori, la dolce nenia del ritornello) è uno dei più fulgidi esempi di quanto la scrittura pop sappia essere espressiva e nascondere, dietro parvenze leggere, un linguaggio metaforico di alta caratura. Metafore di guida, di abbandono allo scorrere inesorabile delle cose ("Driving with no aim or intention", dopo che in "The Art of Driving", dove Sarah Nixey canta: "We've got to plan the journey, Eliminate all mistakes, Take the safe route, It's called the art of driving"), il tutto tra paesaggi sonori levigati, sognanti, da dormiveglia, tra echi britpop e elettronica sommessa. Il secondo lavoro dei Black Box Recoder procede sulla falsariga dell'esordio, aumentando però la cura nelle scenografie, rifinendo i suoi bozzetti indie pop con arrangiamenti leggeri, sopiti, eleganti (si pensi allo svolazzo vaporoso delle chitarre di Luke Haines in "Weekend"). Brani dolciastri come "French Rock 'n' Roll" sembrano usciti da dei Pulp in dormiveglia, "The Facts of Life" è piacevolmente ammiccante, tra basi trip-hop e melodie levigate, "Straight Life" ostenta la sua stasi meccanica fino allo sblocco offerto dal lick di chitarra che apre uno squarcio di inattesi cromatismi. Conturbante e controverso, The Facts of Life rimane un piccolo capolavoro di inquietudine post-adolescenziale. Immancabile.



► 2010

gepe audiovision chile pop indie
Gepe - Audiovisión (Quemasucabeza)

Graditissima e recente scoperta: il cileno Daniel Riveros, in arte Gepe, è impegnato dal 2005 in una riuscita operazione che mischia indie pop e folktronica, electro pop e canzone tradizionale, e dopo il primo Gepinto, questo Audiovisión va assolutamente aggiunto tra gli ascolti obbligati. Il terzo album di Riveros è un lavoro che ha l'effetto di una ventata di aria fresca: spazioso, fragrante, leggero, eppure così curato nei sui dettagli, nelle rifiniture che impreziosiscono una serie di brani uno più bello dell'altro. "Por la ventana", tra beat hip-hop, strati di elettronica tenue, fraseggi di piano e tastiera, "12 minerales", tra folktronica e pop da camera (la stessa eleganza si ritroverà in "Un dia ayer"), "Alfabeto" e le sue rivisitazioni andine, "Lienza", fascinoso e aleggiante dream pop (frutto della collaborazione di un'altra grande stella del pop cileno, Javena Mena), "Salón Nacional de Tecnología", pop vigoroso dai profumi variegatissimi, fitto di sfumature in sede di arrangiamento, "La bajada" e il suo sgorgante estro tropicalista. Un lavoro completo, incredibilmente coeso e innovativo. Farselo scappare sarebbe davvero un peccato.




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