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Giovanni Lindo Ferretti: di forma e di sostanza

Giovanni Lindo Ferretti è una presenza anomala e confortante. La storia è nota a tutti: passato dal punk al rock d'autore, è finito con l'incarnare la figura di mistico e devoto montagnardo, diventando oggetto di interesse più per il pensiero che per la musica.

Presenza anomala, dicevo, perché apparentemente contradditoria: il suo porsi come cattolico tradizionalista dopo anni di "punk filosovietico" ha scatenato la confusione e lo sconcerto in un pubblico abituato a concepire in senso poco elastico il rapporto dei musicisti con le loro idee politiche. La sconfessione dell'artista dopo dichiarazioni non in linea con le aspettative è uno sport nazionale: si pensi alle critiche mosse a Guccini dopo il suo supporto al Pd, o al villipendio di Benigni a causa di posizioni non approvate dal tribunale dell'ortodossia. E allora Ferretti come traditore, come fuori di testa, come poveraccio (ma capace, nonostante tutto, di affollare i concerti).
Una presenza confortante, quindi, perché dinanzi alla tendenza di semplificazione imperante, Ferretti si è sempre posto con fare educatamente sprezzante e irrisorio. Credo che ci sia della lucidità, della voluta provocazione, nel rapporto di Ferretti con la comunicazione sui media: consapevole della natura appiattente della televisione, ad esempio, Lindo Ferretti ribadisce tesi lapidarie e fondamentaliste da Ferrara. Immagino i sorrisi di fronte alle reazioni scandalizzate.
Non riesco a non notare un profondo senso di continuità nella comunicazione ferrettiana: filosovietico in piena decadenza dell'Urss, cattolico in piena fase di secolarizzazione della morale cattolica. La declamazione di tesi controverse è sempre stata presente nella poetica prima dei Cccp, poi dei Csi, ma sempre unita all'altra faccia della medaglia, cioè a un approccio riflessivo, problematico e profondo, poco incline al diventare "aforisma" e inno.
lindo ferretti articolo matteo castelloC'è un continuo domandarsi all'interno delle canzoni di Ferretti, una ricerca di senso mai definitiva, per quanto ogni volta proclamata con forza. Di fronte alla complessità del presente "che preme, compatta, schiaccia", l'affermatività di Ferretti conferma e insieme rompe l'evidenza, mettendo in mostra la contraddizione. Dopodiché, prodotta la frattura, si scava. Un metodo netto.

In "Fedele alla linea" di Germano Maccioni, Lindo Ferretti dice due cose rilevanti. La prima riguarda la politica:
"La politica non è una religione, è una necessità di soppravvivenza nel sociale, però deve essere contenuta in quello che è il suo spazio".
La seconda, invece, riguarda la religione:
"Solo gli sciocchi pensano che dire essere cattolico sia una dichiarazione ideologica, non è la soluzione dei miei problemi".
La politica non è fede, la fede non è ideologia.

"La libertà una forma di disciplina / Assomiglia all'ingenuità la saggezza".

Ecco, quello che mi ha sempre affascinato del personaggio Ferretti è il suo non dogmatismo e, al contempo, la continua ricerca -privata, ricca di valenza biografica- di un significato, un significato mai conquistato (e qui sta la differenza con gli squallidi politicanti cattolici, difensori di una morale formalizzata, che non ha nulla di etico), anzi sempre agognato e incerto, problematico. 
Il fascino per il sacro, inteso come dimensione del mistero (e non della certezza), non è allora l'ottuso adeguarsi a norme di comportamento, non è obbedienza cieca a un'istituzione, ma un personale, placido, rassegnarsi di fronte a un crollo inesorabile: quello delle certezze, del senso. Ferretti è arrivato a trovare una propria quiete ripiegando nella tradizione, nella propria storia famigliare, abbandonando l'estetica del "collettivo" senza però alcun ascetismo, senza mai recidere i legami con il mondo (con il quale -in quanto personaggio pubblico-  vuole comunicare). 
La storia di Ferretti è una storia che non richiede di essere condivisa, che non vuole diventare esemplare. Non manifesto politico (non lo è stato mai: nemmeno ai tempi dei Cccp), ma biografia: la storia di una fuga individuale da una "pingue immane frana" che, inevitabilmente, coinvolge anche noi che ascoltiamo.

Sì, che ascoltiamo, perché una cosa è stato -senza dubbio- Ferretti: un grande artista capace di nobilitare gli anni Ottanta e Novanta italiani con una sequenza di composizioni bellissime. E la capacità di creare bellezza salva gli artisti, per quanto controversi possano essere.

"Somiglia il mio vedere all'occhio dei cavalli
cieco da distorsione nell'immediato fronte
fondo e pungente ai lati in connessioni ardite
preda dello sgomento
facile allo spavento
ma docile e tranquillo e temerario e ardito
al giusto carezzevole necessario contatto
ricorda questo incedere il passo dei cavalli
pesante e travogente leggero e titubante
e testardo e ribelle paziente e strafottente
capace di volare e pronto a incespicare
ma docile e tranquillo e temerario e ardito
al giusto carezzevole necessario contatto
e testardo e ribelle paziente e strafottente
"

*La playlist raccoglie alcuni dei brani più significativi dei Csi. Se è vero che il mito comincia durante il decennio precedente, sono gli anni Novanta a consacrare Lindo Ferretti come musicista, interprete e autore.
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