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Troppi morti!

racconto matteo castello troppi morti
Quante persone sono morte sulla Terra? Intendo proprio dalla comparsa dell’uomo moderno. Mille miliardi? No, esagerati, mille no. Forse cinquecento?
 La stima -l’ho letta da qualche parte- è di 57 miliardi di persone vissute e poi, va da sé, morte, sul nostro pianeta. Non sembrano tante? Certo, non rispetto alla sparata di mille miliardi, ma dal mio punto di vista rimane comunque un numero eccessivo.
Il problema che condivido con quelli nella mia condizione, infatti, è il sovrappopolamento. E voi che vi lamentate dei 7 miliardi di vivi che minacciano il vostro spazio… ridicoli!
Il fatto è che le strade sono piene zeppe, è difficile trovare un cantuccio dove stare soli in santa pace, a volte non è possibile vedere ad un palmo dal proprio naso tante sono le persone che ti si accalcano davanti.
Persone, poi, non è propriamente il termine adeguato. Tra di noi ci chiamiamo “passati”. Diciamo: da quanto sei passato?, e così ricostruiamo biografie anche millenarie. Abitavamo la Terra prima, da vivi, e ora la affolliamo, senza gravarla di peso, da morti. Io sono passato da circa trent’anni. Non molto. Tutti mi dicono che col tempo mi abituerò a questo sovraffollamento, ma pensandoci non credo che sarà così. La popolazione del pianeta non è mai stata tanto numerosa: siamo diventati un miliardo solo nell’Ottocento, per arrivare al raddoppio ci sono voluti oltre cento anni. Dopodiché è iniziata la corsa alla crescita esponenziale: un miliardo in più di gente in media ogni dodici anni. Il succo del discorso, per farla breve, è che i morti aumentano di giorno in giorno e lo spazio da condividere resta sempre lo stesso.
Scommetto che mi state suggerendo di andare in luoghi remoti e desolati, tipo in Siberia o in Groenlandia, oppure nel deserto del Gobi. Certo, facile. Però, cari miei, se sono posti desolati un motivo ci sarà: non c’è nulla da fare laggiù, niente da vedere. Per questo sono desolati.
La verità è che noi passati abbiamo un rapporto strettissimo con i vivi. Dipendiamo da loro, tutto qui. Non è che comunichiamo con le persone, o che ci mettiamo dietro alle pareti e quando passa qualcuno facciamo BU! e gliela facciamo fare sotto, o roba del genere. Non possiamo in alcun modo influire con la vita terrena. Non è come in Ghost, sarebbe bello ma non è così.
Banalmente: se voglio guardare un film devo andare al cinema, oppure nel salotto di qualcuno che sta guardando la televisione. Se voglio ascoltare della musica devo trovare qualche vivo che la stia ascoltando, possibilmente senza cuffie. Eccetera eccetera. Ho mappato tantissimi posti interessanti dove trovare gente che ascolta la musica che piace a me. È come una playlist fatta di carne ed ossa che si snoda tra le vie della città, nelle case: è da cinque anni che “frequento” un paio di personcine che ne sanno a pacchi, dei veri malati musicali. Passano il tempo chiusi in casa ad ascoltare vecchi vinili polverosi, nomi davvero mai sentiti, e il resto del tempo lo spendono a spulciare materiale esoterico nei negozi di dischi. Ho mappato molti altri contatti, nel tempo, ma questi due sono proprio forti, mi stupiscono sempre. Uno non durerà molto, però. Fuma sigarette a più non posso, beve schifezze sotto costo e praticamente non l’ho mai visto mangiare.
In ogni caso avete capito, noi passati interagiamo solo passivamente con il mondo dei vivi. Ascoltiamo quello che loro ascoltano, guardiamo quello che loro guardano, leggiamo quello che loro leggono. Abbiamo tanta scelta, vero, ma ci vuole impegno e costanza. Non è roba da tutti.
Se c’è qualcosa che mi manca di quando respiravo? Sì, mi mancano gli odori. Quello di mogano e velluto della casa dei miei nonni, ad esempio. Gli odori e la sensazione di calore, anche. E i gusti. Ah, i gusti! Quando premevo la buccia spessa dell’uva americana per far uscire l’acino dolcissimo, come una caramella. O certe bistecche succulente, per non parlare delle lasagne al forno di mia madre. E le cene in pizzeria, e ancora il pesce del ristorantino all’angolo che ha chiuso di recente, una decina d’anni fa.
Guardare i vivi mangiare mi mette nostalgia, ma i più passati di me dicono che anche questa sensazione scomparirà, col tempo. Dicono che tutto -il ricordo dei sensi- diventa a sua volta un fantasma, sfuma e perde ogni solidità, ogni risonanza emotiva. Viviamo in un eterno presente nel quale vediamo scorrere le cose. C’è chi si abbandona del tutto e vaga sconsolato e chi invece continua ad interessarsi, se così si può dire. Per dire, ho conosciuto un passato che da decenni segue tutti i conflitti possibili, da quelli più grossi a quelli piccoli, quelli locali che non interessano più di qualche centinaio di persone, roba di cui nessun telegiornale parla. Altri invece frequentano i circoli intellettuali, o le sedute parlamentari, o i programmi a premi della televisione, o le partite di calcio. In qualche modo ci si costruisce una routine anche in questa condizione parallela, per quanto la quotidianità non abbia alcun senso.
Come dicevo, qui tutto scorre continuamente, senza strappi, senza cesure. Il sonno è un bel metodo per dare ai vivi il senso dello stacco, del “dai, ricominciamo domani”, per illudere le persone dell’esistenza di un ritmo vitale. Noi, tutto questo, l’abbiamo perso.
Eppure non crediate che noialtri non abbiamo degli orizzonti, delle mete, delle preoccupazioni. Anche noi abbiamo i nostri problemi esistenziali. Se ai vivi fa paura la fine, per noi passati è più rilevante la questione della continuazione. Cioè, sappiamo che non andremo da nessuna parte, non è come nei film dove una volta risolte le “questioni in sospeso” si passa di livello o si finisce retrocessi all’inferno. La questione è: cosa succederà quando il mondo finirà? Quando il clima diventerà troppo caldo per ospitare qualche forma di vita, o quando il sole ingloberà la Terra, noi passati cosa faremo? O meglio, la vera domanda non è tanto questa. Immagino che fluttueremo nello spazio e, magari, troveremo un altro posto dove stare (o ci disintegreremo? Questa è una diatriba a cui nessun passato sa dare una risposta certa).
Il problema è, invece, cosa faranno gli esseri umani. Si estingueranno oppure riusciranno a colonizzare altri pianeti? Ridete, ridete. Per voi è questione di fantascienza, per noi è, ehm, vitale. Dicevo che i vivi ci servono, no? Ecco, prima o poi ci toccherà affrontare la situazione della vostra fine, e detta sinceramente mi auguro di potervi seguire altrove. Guardarvi all’azione, per noi passati, è davvero tutto. Direi una questione di vita o di morte. Fate in fretta però, oppure datevi una regolata: lo spazio, qui per noi, inizia ad essere davvero troppo affollato.
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